Aree d’indagine

La Psicologia Visuale è una proposta teorica che si propone di sistematizzare tutti gli approcci psicologici attinenti allo studio della semantica delle immagini e che ha come obiettivo l’analisi delle rappresentazioni iconiche all’interno dei contesti relazionali al fine individuarne le potenzialità euristiche. Essa si fonda su una consolidata tradizione multidisciplinare, che attinge tecniche e modalità  proprie delle scienze sociali. Di recente costituzione, nelle sue applicazioni si avvale dell’uso di strumentazione audio-video e utilizza diverse tecniche che variano in funzione del tipo d’indagine e degli obiettivi di studio prefissati. Si possono identificare quattro diverse modalità d’applicazione:

1.Documentale. Si deve a Marcel Mauss, fondatore dell’antropologia sociale, l’uso sistematico della ripresa audiovisiva per la costituzione di archivi documentali visuali a supporto dell’osservazione dei ricercatori sul campo. Già nel 1930 egli suggeriva ai suoi studenti frequentanti il corso magistrale all’École Pratique des Hautes Études del Collège de France di munirsi di macchina fotografica, cinepresa e registratore  per documentare l’attività di ricerca (Jean Rouch, Etnografia e cinema”, in La ricerca folklorica, n. 3, aprile 1981, p. 41).

2. Narrativa. Con Jean Rouch la ripresa video da documento diventa documentario. Molti etnografi cominciavano a utilizzarla abitualmente nelle loro ricerche sul campo, ma è Jean Rouch a dare un grande contributo allo sviluppo della tecnica attraverso il vasto corpus delle sue produzioni filmiche che vanno dal 1948 al 1973 (http://www.mymovies.it/filmografia/?r=20195). La dimensione narrativa dell’immagine trasforma il contributo scientifico facendolo diventare qualcos’altro. La ricerca tramutata in documentario si apre alla divulgazione esce dalle accademie diffondendosi nella società trasformandola culturalmente.

3. Osservativa. A partire dal 1986, l’introduzione sul mercato della videocamera ne favorì la diffusione. L’abbattimento dei costi della strumentazione, la semplificazione e la praticità della videocamera ne consentirono un esteso uso nell’ambito degli studi psicologici sociali. Tutti laboratori scientifici si dotarono di una videocamera ed ebbe inizio lo sviluppo della dimensione osservativa in cui era studiata l’interazione umana. In questo senso, parlare di psicologia visuale non significa soltanto parlare della percezione visiva, ma riflettere sul testo visivo considerato come oggetto di studio codificato dal frame relazionale. La Psicologia Visuale si propone, dunque di contribuire allo studio di nuovi modelli di interazione sociale.

4. Sperimentale. In ambito sperimentale è stato utilizzato un paradigma coniugato in due differenti modi. In un caso il fenomeno, ripreso attraverso fotografie o videoregistrazioni, è studiato attraverso le immagini. Le immagini diventano il dato dal quale il ricercatore estrae informazioni dal fenomeno. Nell’altro caso le foto o le videoregistrazioni sono utilizzate come variabile dipendente e il ricercatore studia le differenze che questi strumenti provocano nell’interazione con il fenomeno.

5. Soggettiva. Come sappiamo il pensiero è primariamente iconico, solo successivamente all’acquisizione del linguaggio esso diventa verbale, ma la rappresentazione mentale iconica continua comunque a esistere. L’iconicità delle rappresentazioni mentali consente di considerale a pieno titolo delle “registrazioni mentali d’immagini”. Già Wilder Penfield attraverso la stimolazione della corteccia cerebrale evidenziò negli anni ’60 del secolo scorso che era possibile evocare nei pazienti vivide immagini di ricordi. Con l’avvento delle tecniche di neuroimaging le scoperte di Penfield furono confermate dall’evidenza che era possibile localizzare le aree (prevalentemente quelle della corteccia visiva, ma non solo quella) nelle quali prende forma l’immagine. Nei prossimi anni, così come preconizzato da Wim Wenders nel suo film “Fino alla fine del mondo”, sarà possibile rendere visibile il nostro pensiero e le nostre rappresentazioni mentali. Sono già allo studio degli strumenti che consentiranno di parametrare,  misurare e oggettivare il pensiero e le rappresentazioni  mentali.

In accordo con gli orientamenti scientifici della postmodernità (Mecacci), la Psicolgia Visuale si caratterizza per l’ampio uso di un approccio metodologico definito genericamente interpretativo che affonda le sue radici nell’ermeneutica filosofica. Essa, infatti, centra l’attenzione sugli aspetti concreti, particolari e contingenti del suo oggetto: tale scelta rende difficile l’adozione dell’approccio scientifico tradizionale di tipo nomotetico, orientando nettamente verso quello ideografico connotato in senso interpretativo, almeno fino a quando non saranno disponibili altri strumenti che consentano di misurare l’osservazione sia in ambito clinico che sperimentale.